Il monastero benedettino di San Cassiano in Valbagnola e Olivella, situato a pochi chilometri da Fabriano, fu fondato dai signori del vicino castello di Chiaromonte. L’assenza di una precisa documentazione rende difficile la datazione certa della costituzione del complesso di cui però si inizia a parlare in alcune carte, purtroppo andate perse, del 1119 e del 1153. Gli studiosi, tuttavia, anticipano la sua istituzione fino alla metà dell’XI secolo quando vennero eretti nel territorio numerosi eremi e badie, mentre la costruzione della chiesetta annessa risalirebbe alla prima metà del XIII secolo data la presenza di elementi romanici e gotici.
Il monastero benedettino di San Cassiano in Valbagnola e Olivella fu costruito ai piedi del monte Testagrossa in una valle non molto soleggiata e nota anticamente come valle bagnoli o valle del piccolo bagno da cui poi sarebbe derivato il vocabolo Valbagnola. L’origine del nome di sicura impronta latina potrebbe essere dovuto alla presenza, in questa vallata, di un modesto bagno romano alimentato dalla ricca sorgente ivi presente e sita a un solo chilometro dal monastero alla quale, nei secoli antichi, furono conferite virtù terapeutiche. Di più semplice comprensione è il secondo nome attribuito alla vallata e cioè Olivella; infatti, l’olivella o, più comunemente ligustro, è una pianta arbustiva tipica della zona particolarmente resistente e caratterizzata da fiori bianchi e profumati, foglie lucenti e lanceolate e piccole bacche nere.
Indipendente sin dalla sua fondazione, il monastero benedettino di San Cassiano in Valbagnola e Olivella seppur non troppo grande e con pochi ospiti ebbe, grazie a numerose donazioni, ampi terreni che nel corso degli anni vennero concessi sotto forma di enfiteusi dal priore agli abitanti del posto. Tuttavia, l’esiguo numero dei monaci dimoranti – probabilmente mai superiore alle cinque unità – convinse ben presto la Chiesa di Roma ad unirlo ad un’altra Collegiata fabrianese. Nel 1441 il pontefice Eugenio IV decise di sopprimere il monastero per annetterlo alla chiesa collegiata di San Venanzo perché, all’epoca, San Cassiano ospitava solamente il priore pur possedendo rendite enormi; tuttavia la bolla papale non ebbe esecuzione così come non fu messa in pratica la successiva disposizione del 1445 che decretava l’annessione del monastero alla collegiata di San Nicolò da Bari. La questione si risolse solamente tra il 1455 e l’anno seguente grazie ad una terza bolla firmata dal nuovo pontefice Callisto III con cui San Cassiano veniva soppressa ed annessa alla Collegiata di San Nicolò cosicché le sue copiose rendite potessero mantenere un monastero più popoloso ed attivo del precedente. San Nicolò amministrò i beni dell’ex priorato di San Cassiano e provvide alla cura delle anime dei suoi fedeli fino all’annessione delle Marche al Regno di Sardegna nel 1860.
Con la nascita del Regno d’Italia molte congregazioni religiose, tra le quali la collegiata di San Nicolò, furono soppresse ed i beni incamerati dal nuovo Stato per essere venduti ai privati. Negli anni successivi l’agronomo, direttore delle Cartiere Miliani nonché senatore Giambattista Miliani acquistò le proprietà fondiarie di San Cassiano procedendo all’introduzione di tecniche agricole più razionali e moderne e alla ristrutturazione della vecchia chiesetta annessa al monastero. Nei primi del Novecento infatti Miliani, ispettore onorario alle belle arti nel fabrianese, decise una serie di lavori di manutenzione che riportarono il sacro edificio alla sua forma primitiva divenendo, così, uno dei monumenti romanici più interessanti delle Marche anche in virtù della particolare disposizione della tribuna e della cripta.
La bellissima campana della Chiesa, di notevole importanza storica e artistica, fu rifatta nel 1375 con duecento libbre di bronzo; in seguito, per volontà del priore di San Nicolò, fu rifusa nel 1472 quando gli fu conferito un nuovo aspetto che tuttora la caratterizza.
Nel XX secolo i silvestrini di Montefano acquisirono i poderi e il vecchio monastero di San Cassiano di cui sono ancora proprietari.
Questa ricerca storiografica è stata curata da Silvia Bolotti, un tempo nostra collaboratrice, che vogliamo ringraziare per averci permesso di conoscere le origini del nostro birrificio.
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